Radio Ugu

Radio Ugu nasce all’estremo termine degli anni ’80 nel CSOA L’Officina di Genova come progetto di creazione e diffusione di comunicazione sociale. Il contesto è quello dello strangolamento delle radio libere, della morte dei quotidiani e dei periodici più diffusi di controinformazione, sommersi da debiti e procedimenti giudiziari. Della disgregazione sociale della classe lavoratrice prodotta dalla ristrutturazione, con perdita massiccia di posti di lavoro, repressione, con secoli di carcere e misure restrittive imposti, diffusione massificata di sostanze e modelli devastanti per il tessuto sociale e per la vita stessa dei proletari, soprattutto quelli delle generazioni più giovani. I socialisti (sedicenti) al governo tagliano scala mobile, età pensionabili e diritti dei lavoratori a tutto spiano, in un progetto di mercificazione generalizzata di qualunque tipo di rapporto, sia di lavoro o sociale. È di quegli anni l’importazione, stravolta nel significato, della ‘movida’, che nello stato spagnolo vedeva la gente riversarsi in strada in cerca di una vita per l’appunto sociale dopo decenni di dittatura franchista. Se per loro si trattava dell’illusione di una liberazione, rivelatasi ben presto un semplice mimetismo dello stesso potere, nella realtà italiana, emergenziale da un bel pezzo e per un bel pezzo ancora, era la carota che nasconde il bastone. Volete riprendervi la vita? Bene, ma come diciamo noi. Locali e sostanze fino all’ora che volete, purché di mercato si tratti. Altrimenti, gabbia, manicomio, isolamento, e tutte le funzioni della repressione sociale. Come diceva un testo diffuso da Radio Ugu nel 1991:

“TRASMETTERE MEMORIA

Le classi dominanti guardano al fluire degli umani eventi come ad una esclusiva sequenza produzione-profitto-consumo-riproduzione di merci e di rapporti sociali aliena(n)ti.

Cioé, per noi proletari, questo vuol dire: svegliarsi alla mattina per andare a lavorare per quattro soldi + dare a loro guadagni enormi sulle spalle del nostro lavoro + pagare cifre enormi per i nostri bisogni restituendogli così i soldi guadagnati col lavoro + le merci consumate dovremo produrle di nuovo, e tramite esse continueranno i nostri rapporti sociali alienati.

Noi, dall’altra parte della linea rossa di demarcazione, guardiamo a tale flusso come ad una evoluzione degli scambi sociali e culturali tra gli uomini.

Dove le multinazionali vedono profitti, noi vediamo solo morte e noia. Dove loro vedono minacce noi vediamo ricchezza e potere. Ricchezza degli scambi culturali nel senso di una cultura ed una memoria altra e contro quella di regime, e potere proletario altro e contro quello della borghesia.

La comunicazione sociale è un punto chiave nella vita di una società, in quanto chi controlla la comunicazione, controlla i rapporti sociali all’interno della società.

La creazione e la diffusione di materiali-comunicazione autoprodotti, sono un pugno allo stomaco della pseudo-cultura, dei profitti e del potere imperialista.

Autoprodursi non significa creare un mercato di poveri, invidiosi e vanamente in concorrenza col mercato ufficiale.

In un mondo dominato dall’economia capitalista, non può esistere alcun mercato alternativo, poiché tutto si basa sullo scambio non di beni di consumo, ma di merci, e quindi la legge dominante è sempre e comunque il profitto.

Autoprodursi significa costruire e raccontare la propria storia, la propria cultura, il proprio essere antagonisti e rivoluzionari.

Radio Ugu non è una radio nel senso comune. I signori della trasmissione ci precludono questi spazi.

Radio Ugu è un gruppo di sfigati con la sclero ma con le idee chiare su cosa e come va detto.

Radio Ugu è un collettivo uscito dall’esperienza del C.S.O.A L’Offcina, che ha distribuito dischi e cassette di gruppi che si autoproducono a volte tramite piccole etichette; Ha aiutato i gruppi locali a farsi sentire, ed ha in programma di produrre materiale proprio, non solo sonoro, fuori dalle grinfie artigliate ed avide degli sciacalli del mercato capitalista.

Radio Ugu non è una vera radio, ma si fa comunque sentire con i concerti che organizza, con il materiale di ogni genere che distribuisce, e con la sua prsenza in ogni posto in cui ci siano voci che si alzano contro il coro delle “versioni uffuciali”.

“Ogni storia ha inizio con un’altra storia: E la parola ‘fine’ non trova mai un posto dove, in fondo, stia bene. Capita così, che un inizio possa sembrare un crepuscolo. Le vecchie storie si distillano e danno vita alle nuove. Ed una lotta che non finisce mai, si rinnova, prende altri volti ed altri nomi. E rimane se stessa. Anche questa storia perciò, comincia continuando, affondando le radici altrove, nel passato, nei ricordi e nei sogni, nel futuro delle speranze. Dalla volontà. Solo una voce piccola, nel coro che continua a fare il giro del mondo”.

“È la scienza che lo dice, tutte le volte che guardi più profondamente una cosa, trovi nuovo disordine, nuove particelle, figure nella polvere e tutto quello che sapevi di quella cosa, salterà in aria. Hai mai visto i matti guardare sempre nello stesso punto? Tu non sai cosa possono vedere e non sai perché resto sveglio e non voglio salvarmi ad ogni costo. Ma i bastardi li vedo bene, sì, quelli sono ancora al loro posto pazzi di rabbia perché per una volta li abbiamo smascherati, e non ce la perdoneranno mai nei secoli dei secoli, e allora è guerra, non farmi i tuoi discorsi miti, la mitezza è un privilegio grande, ma il dolore la avvelena in un attimo. Un matto è una persona che non sa dove andare, niente di più. Questo è un sentiero per comici spaventati guerrieri, e io non voglio né vincere né perdere, solo che tu mi ricordi e dopo che mi anneghino pure nello zero di quelle medicine e mi chiamino come vogliono e tornino a raccontare le loro storie, non sono vere, manca la metà, tu lo capisci”

“A te che urli

‘distruggerò, distruggerò!’,

a te che ritagli la notte

dai cornicioni insanguinati,

lancio una sfida,

io,

che ho serbato un’anima intrepida”.

(V. Majakowskij)

 

Riprendere questo progetto di creazione e diffusione della comunicazione pare oggi cosa utile, nell’era dell’individualismo berlusconiano e del micro corporativismo figlio di tante madri assassine pci-pds-pd-cgil ecc.

Magari nel suo sviluppo, grazie anche alle possibilità messe a disposizione dal progresso tecnologico (informatica e telematica soprattutto), non è da escludere che Radio Ugu arrivi anche ad essere pure una radio nel senso della trasmissione sonora. Ma non è questo il punto fondamentale. Perché non c’è radio più efficace della comunicazione diretta, voce a voce, fra proletari che si incontrano, si parlano e si confrontano, non per quello che hanno (acquisto, proprietà, individualismo), ma per quello che sono (storia, cultura, classe).bush_-_capello