Documento controcorrente nella sinistra basca

5 nov 2011 10:33 am

Documento controcorrente nella sinistra basca

Documento presentato già nel 2009 sul sito di Euskal Herria Sozialista

 

 

Deriva riformista di Batasuna? di Gorka Saenz. novembre 2009

 

Viviamo un momento storico unico. Da un lato, la crisi mondiale ha scosso le fondamenta della società Capitalista, esigendo da tutti gli elementi della sinistra una risposta immediata ai problemi derivati da questo. D’altra parte, in Hego Euskal Herria l’incremento repressivo da parte del governo spagnolo ci mette davanti ad uno scenario politico complicato per i differenti agenti che compongono l’arco politico di questo paese. Un nuovo scenario appare davanti ai nostri occhi, un nuovo ciclo politico davanti al quale la Sinistra Indipendentista basca ha appena proposto un nuovo documento per il dibattito col quale si cerca di ottenere la pace. È un documento che ha come precedenti un lunghissimo percorso di lotta e sacrifici da parte del settore più combattivo di questo Paese.

Al giorno d’oggi, con la repressione che si accanisce specialmente nelle nostre file, centinaia di prigionieri rimangono in prigione. Per questo motivo, la responsabilità c’impone di essere totalmente ed assolutamente chiari coi nostri obiettivi ed i mezzi per ottenerli. C’è chi pensa nel seno della Sinistra Indipendentista basca che l’indipendenza sia un totem. Che qualunque mezzo sia valido per ottenerla. Nello stesso documento a dibattito si relativizza questo concetto segnalando che “non è obiettivo del presente lavoro giudicare quanto successo in Kosovo, ma i metodi che si usarono-in virtù degli interessi delle potenze – creano seri dubbi,”. tuttavia, altre persone pensiamo che l’indipendenza è soltanto un mezzo rivoluzionario, mai un fine in se stesso. L’obiettivo da compiere è la trasformazione sociale che solo potrà darsi a causa dell’indipendenza, ma in nessun caso il trasformarsi in una colonia di una superpotenza, cosa che ci trasformerebbe in più dipendenti, non in indipendenti. E questo non creda seri dubbi. È radicalmente certo. Neanche una Euskal Herria nel seno dell’Europa, come abbiamo sentito dire ad alcuni dirigenti della Sinistra Indipendentista basca è un’alternativa percorribile. Passeremmo ad essere parte di una potenza emergente e dipenderemmo dagli interessi dell’imperialismo. La liberazione di Euskal Herria solo può essere una Rivoluzione Socialista. Quello è il nostro obiettivo. L’obiettivo di questo documento è aprire una nuova fase nel processo di liberazione nazionale.

Tutta una fase che sarà quella della negoziazione che si deve trasformare in un fine in se stessa. Mescola concetti conosciuti nella sinistra indipendentista basca negli ultimi cinquanta anni, facendo una sintesi della nostra traiettoria. Ma, come possono sintetizzarsi concetti contraddittori tra loro?.

L’obiettivo dichiarato del documento è aprire uno scenario politico nuovo per la “cittadinanza”, mettendo nello stesso sacco lavoratori ed impresari. Classi i cui modelli sociali sono antagonistici. Si parla di un patto tra “indipendentisti” senza definire come è il nostro modello di indipendenza, lasciandoci così nelle mani di chi ha ben chiaro quale è il suo modello.

Per avere chiaro quale è il nostro modello bisogna fare dei passi per la sua realizzazione. Non si può parlare dello Stato Socialista Basco senza fatti che l’avallino. E, d’altra parte, si richiede che la Sinistra Indipendentista basca ne sia il motore. Mi domando come si può essere il motore quando quello che si pretende è accumulare forze tanto eterogenee che entrano in conflitto con gli interessi della Rivoluzione Socialista. Questo non è guidare un processo. Questo è pattuire lasciando da parte certi principi che fanno parte della nostra identità. Il nostro obiettivo è il Socialismo. Lo Stato Socialista Basco. La mia impressione è che questo non sia sufficientemente chiaro nella direzione della Sinistra Indipendentista basca, perché, nonostante il menzionarlo nel documento, tutti i passi che si vogliono dare vanno in un senso radicalmente opposto. La nostra propria pratica politica mette in chiaro questo aspetto.

L’implicazione nel Movimento Operaio è molto carente. E lo dico come militante di LAB. Il fatto è che piove su bagnato. Questo è l’ultimo passo della de-ideologizzazione del Movimento di Liberazione Nazionale Basco. A poco a poco siamo stati testimoni di come ci siamo andati lasciando per la strada tutto quello che ci fece essere grandi. Ora vogliamo un gran patto tra indipendentisti per guidare un processo “democratico”. I diritti democratici che spettano ad Euskal Herria come Popolo sono un’altra cosa. La democrazia della quale parla il documento è la democrazia dei partiti che hanno negato la nostra esistenza come nazione, quella del parlamento borghese spagnolo e la sua filiale basca, quella degli speculatori che usano al loro capriccio leggi ed istituzioni. Precisamente quello che noi dobbiamo distruggere. La classe operaio di questo paese è quella che deve guidare la lotta per la sua liberazione. Per questo la cosa corretta è organizzarsi in quel senso. Non per una negoziazione nella quale si mercanteggiano aspetti nazionali della lotta che abbiamo condotto per tutti questi anni. Per quanto si risalti la necessità di consultare il Paese, se le domande vengono già marcate, stiamo entrando in un gioco che fa bene solo ai soliti. E, inoltre, pretendiamo di dirigere un processo ora che stiamo più deboli che mai. Sorprendente.

L’origine di questo documento sta, come abbiamo detto sopra, nella deriva ideologica di questi ultimi anni. Nel documento si legge che suo relativo ideologico è un Socialismo di stampo basco, con influenze del Socialismo del Secolo XXI. Dice che “il riferimento è alle strategie basate nell’accumulazione di forze eterogenee tra classi e la costruzione di ampie maggioranze socia­li. Nello stesso senso, il cosiddetto Socialis­mo del secolo XXI, non si basa sullo sradicamento delle classi mediante decreto, se non nell’elaborazione e design di un processo che una volta raggiunto il potere politico, andrà progressivamente raggiungen­do detto obiettivo portando a termine un cambiamento strutturale del sistema.” Questo può essere chiamato in molte maniere, ma Socialismo, naturalmente, no. Il Socialismo si conquista mediante la lotta, organizzando il Popolo per la rivoluzione.

Pratiche come quelle che espone questo documento sono parlamentarismo coperto. Questo Socialismo del Secolo XXI, vecchia conoscenza della rivoluzione, è una nuova teorizzazione di vecchie idee anti-marxiste, e che piuttosto sembrano del S XIX, premarxista e preleninista, rieditando vecchie tesi del socialismo utopico, un guscio vuoto di contenuto, come così riconoscono i loro propri teorici, che affermano che il corpo dottrinale è ancora da scrivere. Ed è a questa linea ache si è ricorsi per sostentare ideologicamente il settore più combattivo del nostro Popolo. Sinceramente, questo somiglia più ad un patto elettorale che ad una strategia rivoluzionaria. Questo rimane chiaro nel documento. Non si cerca un altro tipo di referente internazionale, dato che “la sinistra classica continua a non avere capacità di offrire una vera alternativa di potere”, per quanto certi appuntamenti elettorali lascino “spazio per la speranza”. non siamo più, pertanto, sinistra classica. Siamo quella nuova sinistra che trionfa in Venezuela ed Ecuador. Quella sinistra progressista ed antimperialista che ha abbandonato la strada rivoluzionaria a favore del prendere il potere mediante le elezioni e tenta di cambiare la società da dentro, a base di riforme e leggi. Alcuni pensiamo che questa sia una via di conciliazione delle contraddizioni tra le classi, una nuova forma di socialdemocrazia. In fin dei conti, riformismo. Euskal Herria non si merita questo. Né le centinaia di prigionieri politici se lo meritano. La nostra lotta si merita un’altra fine. Se non abbiamo chiaro chi sono i nostri amici è normale che il risultato sia questo. Guardiamo affettuosamente organizzazioni come il Sinn Féin che sta facendo appelli pubblici alla sua militanza a collaborare con la polizia contro i dissidenti in questi momenti. La classe operaia si merita di avere una struttura propria, non convivere in “forze eterogenee tra classi” allo stile di Sinistra Unita. Ma sappiamo già che nella sinistra indipendentista basca non sappiamo differenziare correttamente tra fronti di masse ed avanguardie rivoluzionarie che sebbene devano coesistere, non dobbiamo dimenticare mai chi dirige la lotta. Conosciamo anche quanti hanno tentato di definirsi comunisti mentre nella realtà si sono piegati totalmente a questo discorso. L’abbandono del nostro lavoro ci fa difendere ora la necessità di “Articolare un processo democrati­co che culminerebbe con l’applicazione di una cornice democratica nella quale potrebberorealizzarsi tutti i progetti politici”. Ora i nemici del nostro Paese, quelli che crearono il GAL e le leggi di eccezione hanno gli stessi diritti che gli altri. Non bisogna oramai lottare più. La soluzione è potere applicare tutti i progetti politici. Chiaro. Allora, Qualcuno può spiegarci perché abbiamo consegnato il meglio del nostro Popolo questi ultimi 50 anni? Ascoltare questo causa stupore. Tutti questi progetti convivranno in un “sistema politico che, si baserà sulle elezioni ed in base all’appoggio ottenuto in dette elezioni potranno gestire i partiti politici le istituzioni.” Con questa affermazione abbiamo appena cessato ogni intenzione di creare un potere popolare. Stiamo ponendo le basi per transitare per la stessa strada che a suo tempo fece Aralar. Progetti, partiti, parlamentarismo…. Un sistema democratico socialista deve sostentarsi sui lavoratori ed essi devono essere quelli che tengono il potere. Qualcosa di positivo potrebbe essere che questo documento cedesse passo ad un profondo dibattito strategico in base al quale potere delimitare quali sono le cornici ideologiche della lotta per la liberazione nazionale di Euskal Herria e di questa maniera chiarire gli obiettivi della nostra lotta che in questo momento non sono chiari. Così per lo meno eviteremmo di lasciare questo processo in mano a chi ha un modello indipendentista dentro il Capitalismo. Se per la Sinistra Indipendentista basca l’indipendenza ed il socialismo sono due concetti indissolubili, dobbiamo essere capaci di esporre un’alternativa che serva per ottenere quell’obiettivo. Subordinare l’uno all’altro è un progetto riformista. Tristemente, questo è non qualcosa di nuovo. Un’altra volta, piove sul bagnato. Non cerchiamo alleati in relazioni internazionali rivoluzionarie. Non creiamo un’alternativa rivoluzionaria. Cerchiamo un patto con forze nazionaliste. Il nostro orizzonte si è trasformato nel progressismo e nel nazionalismo radicale. Lo stesso che abbiamo criticato in innumerevoli occasioni. Questo documento, quello che prepara il nostro passaggio alle istituzioni, fomenta un altro totem. Quello dell’indipendentismo acritico. Vidima le nostre carenze. Quelle che abbiamo visto specchiate nella nostra attività gli ultimi anni. O per caso l’attività nei municipi governati dalla Sinistra Indipendentista basca non lo riflette chiaramente?. In Marinaleda si può comprare un appartamento per 20 euro al mese, 20 euro, sì, hai letto bene. abbiamo trasformato l’indipendenza in un totem. E quando si scambia l’analisi scientifica con le credenze si entra in un terreno pericoloso che inevitabilmente finisce nel riformismo.

Pubblicato da Euskal Herria Sozialista in 09:27

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