Risposta alle note su crisi, tendenza alla guerra e classe

29 set 2012 11:14 pm

Risposta alle note su crisi, tendenza alla guerra e classe

Risposta alle Note su crisi, tendenza alla guerra e classe.

Fra gli economisti di estrazione marxista, esistono al momento varie correnti, ognuna delle quali spiega la crisi a modo suo. Tralascio qui l’elenco di esse, come pure l’origine ideologica/partitica di alcune. Vero è che taluni riescono a scavare in profondità sulle origini, sulle cause e sulle caratteristiche di questa crisi. Salvo poi fermarsi alla diagnosi. Un dottore che non da terapie. Forse una applicazione ai tempi della separazione fra lavoro intellettuale e lavoro manuale, concependo in modo errato l’analisi economica come intellettuale e le vie d’uscita come manuali. Anche se pochi parlano di necessità della rivoluzione proletaria, in maniera più o meno diretta. Di fatto è vero che ne veniamo da un trentennio circa di potente offensiva da parte delle posizioni più revisioniste/riformiste, vecchie e nuove, all’interno del movimento operaio, che, combinate con gli alti livelli di repressione messi in campo dalla borghesia, hanno generato questa leva di dottori con stetoscopio ma senza ricettario. Ad esempio.

Ma secondo me non sta qui il vero problema, quanto nel fatto che, se tempo addietro si parlava di “intellettuali organici alla classe”, in una fase in cui la classe stessa è tutt’altro che “in se” e men che mai “per se”, viene fuori in maniera meccanica che strati non esattamente proletari, pur andando a ficcare i loro strumenti nelle viscere del capitalismo odierno, ben si guardino dall’immolarsi nel calderone della lotta di classe senza lo scudo per l’appunto di una classe “tesa e coesa”. Un po’ il “troppo tardi per partire, troppo tardi per morire, siamo troppo grassi comandante” di endrighiana memoria. Unica via d’uscita a mio avviso è che dall’interno stesso della classe crescano e si moltiplichino elementi coscienti che, riprendendo la pratica dello studio combinato alla pratica, massivamente rigettata dalla massa come pure dalla stragrande maggioranza dei vari militanti di questo o quel movimento, con poche eccezioni, favoriscano una crescita del livello di coscienza della classe, stavolta veramente “in se e per se”, reso più potente dalla portata internazionale della sua composizione oggettiva, e soprattutto la creazione di una leva intellettuale non organica ma espressione della classe.

Resta il fatto della crisi. Che stando ai pochi dati che si riesce a trovare cominciano a manifestare i loro sintomi anche fra i BRICS, se una rivista di economia internazionale sostiene che nel secondo

trimestre di quest’anno, la Cina è cresciuta “solo” del 7,6% su base annua, segnando per la sesta volta consecutiva valori in diminuzione e quasi un dimezzamento rispetto al picco del primo trimestre del 2010”

D’altra parte il governo cinese fa affidamento sulla politica finanziaria come risposta, il che riconduce il tutto nelle categorie economiche e nei meccanismi del capitalismo classico, tendenza alla crisi inclusa.

Di più si può dire considerando il fatto che lo stesso Dipartimento di Statistiche del Governo Cinese sostiene che da gennaio a luglio i profitti industriali delle imprese sono scesi del 2.7%, a luglio del 5.4%. Da gennaio a luglio i profitti delle imprese industriali di proprietà dello stato sono scesi del 12.2%. E su questo si inseriscono altri dati, tutti da interpretare, ovvio, forniti da nuovi media come Google Maps (chi ha detto che è solo una applicazione internet?), che ha rilevato in territorio cinese una quantità di quartieri e città fantasma tale da far ipotizzare una vistosa bolla immobiliare nel mercato cinese, che conterebbe circa 64 milioni di case vuote (fonte La Vanguardia del 12-12-2011)

Altro dato sta nella segnalazione di Bloomberg sul deprezzamento, con tendenza al peggioramento, delle valute dei BRICS (includendo in questi il Sud Africa).

Infine, l’economista marxista Michael Roberts, ha realizzato un grafico sull’andamento del tasso di profitto a livello mondiale, distinguendo l’andamento generale da quello del G7. Ebbene i dati rilevano un crollo dal 1963 fino al 1975, con risalita parziale fino al 1987, seguita da una serie di alti e bassi che termina con la nuova discesa dal 2005. Ma non si è mai tornati ai livelli del 1963. Il fatto che dalla metà degli anni ’90 il livello sia rimasto a grandi linee statico o in leggera discesa, suggerisce che la crescita fra la fine dei ’90 ed i primi 2000 sia basata non sulla crescita del tasso di profitto ma sulla bolla creditizia e l’accrescimento del capitale fittizio. L’analisi relativa al G7 ovviamente fornisce dati peggiori. La differenza fra G7 e non-G7 suggerisce che in questo periodo questi ultimi abbiano svolto il ruolo di controtendenza al crollo dei profitti in quanto “l’enorme crescita di investimenti di capitali nelle cosiddette economie capitalistiche emergenti ha portato nel modo di produzione capitalistico per la prima volta un’enorme approvvigionamento di forza lavoro contadina e non capitalistica, e per lo più ad un costo inferiore al valore della forza-lavoro, vale a dire supersfruttamento” (Michael Roberts, Gravity, the Higgs boson and the law of the TRPF, 11 luglio 2012)

Alcune considerazioni su due fattori sociali:

Quello che i movimenti variamente denominatisi ‘occupy’, ‘no debt’, ‘indignados’, al di là dell’essere ampiamente diretti da entità politiche se va bene riformiste, quando non addirittura di destra, intendono con la formula 99% contro 1%, proprio per la loro origine e la loro direzione, è riferito alla distribuzione del reddito, non alla contraddizione fra carattere sociale della produzione e proprietà privata dei mezzi di produzione. In questo senso rischiano di alimentare, e di fatto alimentano, la fiera dei vari riformismi, la corsa disperata di questo o quel pseudo-sinistro alla ricerca di riconquistare una poltrona nel parlamento o anche qualche istituzione minore, purché sia. Il tutto con il risultato di togliere da davanti agli occhi dei proletari quale sia il loro vero problema, e cioè l’esistenza dello sfruttamento da parte di una classe sulle altre. Fra l’altro, sui numeri ci sarebbe da discutere, perché l’1%, pur in condizioni di vacche magre, è pur sempre in grado ma soprattutto bisognoso di garantire posizioni ‘privilegiate’ ad un esercito non proprio piccolo di parassiti e leccapiedi (soldataglia specializzata, esattori, funzionari, eccetera)

Breve nota su ruolo e peso di Chiesa ed altre istituzioni sovrastrutturali. Nella fase di crisi dell’imperialismo, il ruolo ed il peso di questi livelli è molto aumentato, dato che, oltre ad attribuire/imporre il duplice ruolo produttore/consumatore che funzionalizza il lavoratore 24 ore su 24, con l’inserimento in questo ambito di sindacati, movimenti “sinistri” e quant’altro, fornisce allo Stato grandi strumenti di contenimento e controllo sulle masse. Basti pensare ad un raffronto fra i livelli di vita attuali ed i livelli di conflittualità espressi dalla classe.

Stando comunque ai dati, l’esigenza di una massiccia distruzione di capitali (includendo in questi la forza-lavoro, abbondantemente in eccesso per le esigenze di profittabilità capitalistiche) è più che evidente, e difficilmente possono bastare le varie guerre locali o di riassetto degli equilibri. Ma anche in questo campo si sviluppano dei cambiamenti di non poca importanza.

Nella guerra il fattore umano riveste sempre meno incidenza. Ne è un esempio il sistema MUOS, cito da Wikipedia “Il Mobile User Objective System (MUOS) è un sistema di comunicazioni satellitari (SATCOM) ad altissima frequenza (UHF) e a banda stretta composto da quattro satelliti e quattro stazioni di terra, una delle quali è in fase di realizzazione in Sicilia, nei pressi di Niscemi[1]. Il programma MUOS, gestito dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, è ancora nella sua fase di sviluppo e si prevede la messa in orbita dei quattro satelliti tra il 2010 ed il 2013. Il sistema MUOS integrerà forze navali, aeree e terrestri in movimento in qualsiasi parte del mondo ed ha l’obiettivo di rimpiazzare l’attuale sistema satellitare UFO. “ Se questo sistema ha lo scopo di dare sempre maggiore rilevanza all’uso di droni e quant’altro, il fattore umano finisce praticamente per essere quasi solo bersaglio. In questo senso la contrapposizione nel teatro di guerra dovrebbe rendersi ancora più evidente, anche se l’impersonalità (relativa) dell’attaccante può avere un forte ruolo di demoralizzazione o di incapacità di vedere in termini di classe l’identità del nemico. Il Medio Oriente insegna.

A questo proposito ho troppo pochi elementi per valutare la reale portata della ‘Primavera Araba’, ma una cosa che salta agli occhi è l’affermazione in termini di potere delle varie sezioni nazionali dei Fratelli Musulmani, tutt’altro che rivoluzionari e progressisti, precedute spesso dall’appoggio incondizionato dell’Occidente a fazioni fondamentaliste ancor più retrive (non dimentichiamo gli esempi Bin Laden/Al Qaeda), vedere Iraq, Libia, Siria

Nel frattempo nel polo occidentale si cerca di sviluppare progetti che consentano un rilancio della profittabilità, dando grande importanza al potenziamento della circolazione, dato che la produzione ristagna.

Il riassetto logistico della portata progettata dal capitale necessita intanto di fondi che al momento non sono così scontati; sicuramente, l’importante al momento è realizzare queste opere, non vederle funzionare, anche perché in recessione l’esigenza di far circolare velocemente merci, prodotte in minor quantità a causa della recessione stessa, che ben pochi possono comprare, diventa relativa. In questo senso secondo me è indicativo l’errore grammaticale/freudiano di quanti, favorevoli, parlano delLA TAV, che non è ‘la treno ad alta velocità’, di non provata utilità per nessuno di questi tempi, bensì l’opera di realizzazione del TAV, ben più immediata ed importante per la distribuzione di profitti che comporta, posto che sia possibile reperire i fondi necessari, cosa non così certa.

Sul terreno invece delle risposte della classe, soprattutto nell’occidente, le note restano dolenti eccome. Non vorrei peccare di operaismo, ma le nuove figure proletarizzate che vanno ad accrescere la nuova composizione di classe, molto di rado esprimono contenuti proletari, o più ancora di antagonismo di classe, grazie alla frammentazione della collocazione nel ciclo produttivo, alla dispersione e mercificazione dei rapporti sociali nella metropoli ed all’affermarsi da tempo di forme ideologiche borghesi o piccolo borghesi, individualiste, sempre in attesa del ‘colpo di fortuna’ (opportunità di lavoro o vincita al gioco) o salto di carriera che ti toglie dalla merda. Anni fa si dava per scontato il fatto che la proletarizzazione di fatto di questi strati li avrebbe condotti ad abbracciare meccanicamente l’ideologia proletaria. Nella realtà al momento è successo più frequentemente il contrario, e cioè che strati proletari abbiano fatto proprie forme mentali individualiste e piccolo borghesi (vedere i risultati nei referendum alla FIAT, il ritorno in auge di sindacati quasi morti come CISL innanzitutto ma anche UIL, UGL, ecc per non parlare dei mille esempi di vita quotidiana in qualsiasi metropoli)

Sono solo alcune note in risposta ad un discorso su cui per il resto concordo.

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