Movimenti per star fermi

 

Movimenti per star fermi

 

 

Dopo l’ennesima scorsa ai vari organi d’informazione online, credo si possa dire che, almeno per ora, la Rivoluzione del 9 Dicembre, a metà del 12 dicembre, ancora non ci sia stata. E visti i numeri, non certo oceanici, delle persone che a vario titolo sono scese in piazza, non c’è di che meravigliarsi. Parlo di vario titolo perché, come al solito, i cosiddetti media embedded, i pennivendoli, per intenderci, hanno mescolato un po’ di tutto, ovvero i “Forconi” alle altre componenti del Coordinamento 9 Dicembre, gli studenti che protestavano contro il consueto annuale attacco all’istruzione pubblica a quanti parlando di Patria chiedevano figure autorevoli a dirigere una transizione (verso dove?). Tacendo su lotte come quelle ad esempio dei facchini delle cooperative che invece è meglio passare sotto silenzio

 

Di fatto, tutto questo scalpore, tutti questi proclami, tutte queste azioni dimostrative “di popolo”, una cosa l’hanno ottenuta, esattamente come quelli che li avevano preceduti. Tutto è rimasto esattamente come prima, con poche varianti, non certo migliorative. Per la gioia di chi reclama l’ordine, mettiamone un po’ anche in queste righe.

 

Partendo dalla definizione che i media danno di questo “movimento”, non si può non sbuffare dalla noia vedendo che nei decenni non sono riusciti ad inventarsi altri strumenti disinformativi che quello di appiccicare questa o quella etichetta a chiunque. Negli anni 70 se non filavi ligio alle direttive del PCI eri un “autonomo”. Via via ci sono state pantere, no global, terroristi, eccetera. Ora questi, che vengono riassunti tutti sotto il termine “Forconi”, nonostante le proteste di chi forcone è quanto di chi non lo è. Ma basta dare un tag qualsiasi in pasto alla gente purché non vada a guardare più a fondo di che si tratta.

 

Sull’origine organizzativa, già in molti hanno rilevato le contiguità, se basta, con aree legate a Forza Nuova, Casa Pound e via littorieggiando. D’altra parte, una simile esibizione di bandiere tricolori, inni d’Italia e richiami alla Patria, giusto durante i Mondiali/Europei di calcio si può vedere altrimenti. Per non parlare delle rivendicazioni di governi di transizione guidati dalle Forze dell’Ordine e dai Militari. Parole d’ordine lanciate e a seconda delle piazze rimangiate secondo il miglior stile berlusconiano. Da non dimenticare la componente che ha grossi interessi economici in ballo, camuffati qua e là in proteste popolari, come spiega quest’articolo:

 

http://www.contropiano.org/politica/item/20904-curiose-coincidenze-forconi-logistica-e-mafia

 

Sulla composizione sociale anche si è detto molto. I principali interpreti sono com’è ovvio piccoli imprenditori e agricoltori, padroncini, artigiani, commercianti cui si uniscono qua e là componenti a se come disoccupati esasperati, pensionati strizzati anche dopo la vita lavorativa, per arrivare poi a quelli che vengono definiti infiltrati dalla stampa. Che, in via del tutto eccezionale, ritocca le foto stavolta a favore almeno apparente dei manifestanti.

 

Si tratta, è ovvio, di settori tutti colpiti duramente dalla crisi. Ma contrariamente alle rivendicazioni dei lavoratori, questi chiedono un ritorno ai bei tempi in cui anche a loro toccava una parte del bottino estorto proprio al lavoro operaio. Il che, come è ovvio, non può essere. Difficile vedere l’UE che storna una parte dei soldi destinati al TAV per aiutare questo o quel commerciante, piccolo impresario edile o artigiano.

 

È noto anche il fatto che storicamente fra queste categorie attecchiscono più facilmente parole d’ordine reazionarie, anche se i loro interessi materiali reali, oggi più che mai, dovrebbero portarli a distaccarsi da questo sistema economico e politico che non può più dar loro nemmeno le briciole. Ma di questi tempi, non sono solo queste storiche pozze d’irrigazione della reazione a finire in queste trappole. Dalla logica della supplica più o meno arrabbiata, non sfuggono nemmeno movimenti che hanno preceduto questo, pur nella loro differente composizione sociale. Chiedere ai potenti del mondo un “altro mondo possibile”, circondare simbolicamente i teatri del potere politico mostrandosi indignati, ma prendendo accurate distanze da quanti si mostrano incazzati, protestare che il debito non lo si vuole pagare, come se non ce lo trattenessero già sulla busta paga, per chi ce l’ha, cambia solo la composizione sociale dei cortei o presidi che siano, anche se non sempre, visto che ampia documentazione dimostra che il famoso movimento degli Indignados, più che infiltrato, era abbondantemente diretto da elementi di destra. Per andare a finire nel riformismo radicale, quello che contratta rappresentazioni dello scontro di classe per negoziare risultati parziali, ascrivibili a se sotto varie forme: riconoscimento politico, intoccabilità dei propri spazi, eccetera.

 

È un po’ come un gioco dell’oca in cui, inevitabilmente, si finisce sulla casella “Torna al via”. Col risultato che, soprattutto i movimenti più “masaniellistici” tipo grillini o mal denominati forconi, oltre alle scorie delle proprie permanenze in piazze o presidi, lasciano schiere di persone deluse, rassegnate, che “se non ce l’abbiamo fatta così, non c’è più niente da fare”. Magari nel frattempo ci sono quelli che, con grande gioia del governo, si convincono del fatto che ci vogliono figure forti per tirarci fuori di qui. L’esempio dell’Egitto è distante solo geograficamente, ma neppure tanto.

 

Ed il sospetto che dietro queste giornate ci fosse una regia altra e alta, viene, vedendo con quale efficienza si siano organizzati blocchi, presidi, cortei “improvvisati”, il tutto contornato da esigui schieramenti di forze dell’ordine che non sono mai state così benevole, soprattutto con operai licenziati e cassintegrati, con tanto di sceneggiata dei caschi levati, in sospetta contemporaneità, in varie città.

 

Mi torna alla mente una frase pronunciata da Grillo appena i suoi candidati erano stati eletti. Recitava che se non ci fossero stati loro la gente sarebbe scesa in strada con i forconi (guarda tu che profetica affermazione). Ed infatti eccolo lì, il capopopolo nemico dei rumeni, ma non solo, che lancia fiori e baci ai manifestanti come ai poliziotti invitati se non a disertare quantomeno a non difendere più chi li comanda. Per farsi comandare da altri, tipo lui, ovvio.

 

Di fatto di questo si tratta: da un lato fare in modo che chi proprio non riesce a non fare o dire nulla, lo faccia ben entro i limiti della compatibilità, e cioè non facendo assolutamente nulla di utile. Oppure, meglio ancora, si tolga certe idee classiste, divenute nel frattempo reato (incitamento all’odio di classe, per non parlare dell’onnipresente finalità di terrorismo), anziché portare con se questi strati di piccola borghesia in via di proletarizzazione, li segua come pecore, facendo propri i suoi concetti individualistici, nazionalisti, reazionari, ed invocare il gigante “buono” a rimettere ordine.

 

In perfetta osservanza delle disposizioni date nelle previsioni NATO 2020, l’esercito per strada e in alcune valli, già c’è. Storicamente impossibile il ritorno al fascismo tout-court, magari domani ci sveglieremo con Napolitano, o chi per esso, con l’elmetto che ci arringa da palazzo Venezia.

 

Il tutto mentre una sinistra di classe, di fatto, non c’è, tutti presi come sono in occupazioni sacrosante ma autoreferenziali, o scadenzismi una volta all’anno.

 

Finiranno anche i forconi, ma continuando a subire, non ci resteranno più manco le forchette.

 

Nel frattempo ci pensa la cronaca a rimettere le cose al loro posto. Tipo caschi e manganelli della polizia tornati in azione, contro gli studenti, ovvio.

 

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